Scarponi, piccozza e ramponi

Alpigrafismi - Een podcast door Andrea Bettega

La storia evolutiva degli attrezzi e dei mezzi tecnici che ci permettono di praticare attività outdoor in montagna è lunga e dettagliata, ma potrebbe essere interessante coglierne gli effetti e la presenza nella letteratura  e nelle arti.

In principio era l’Alpenstock!
Un lungo bastone ferrato in punta, buono a cacciare marmotte e mantenere l’equilibrio sui pendii.
Per anni e anni fra settecento e ottocento è stato utilizzato per le prime ascensioni dei ghiacciai europei, in coppia con martelli o mazze appuntite che servivano a scavare letteralmente dei gradini su cui camminare.

È da queste prove ed esperienze che nasce la piccozza, che oggi ha materiali più leggeri e forme più futuristiche, ma da sempre rientra negli stemmi e nelle illustrazioni come simbolo di potenza, fino ad arrivare ai giorni nostri in film e videogame, vedi "Tomb Raider".

Ulteriori estensioni simboliche dell’alpinista che si trovano in quasi tutte le raffigurazioni dall’inizio del ‘900 ad oggi, sono sicuramente i chiodi da roccia e i moschettoni.
Questi oggetti, all’inizio visti con grande riluttanza dai cosiddetti “pionieri” dell’alpinismo perchè li consideravano un qualcosa che poteva snaturare il profondo senso di una scalata, divennero però in seguito sempre più popolari, tanto da diventare affascinanti e addirittura familiari.

Anche lo scarpone e in particolare quello chiodato è citato in opere popolari come canzoni e poesie, a volte questi “ferri del mestiere” possono acquisire il significato simbolico dei ricordi e una sensazione di conforto, a volte invece, possono raccontare storie pericolose e spaventose.

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