Calvino e l’AI - S3E2
Geni invisibili - Een podcast door Corriere della Sera
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In una serie di conferenze internazionali, raccolte poi nel saggio Una pietra sopra con il titolo di Cibernetica e fantasmi, Italo Calvino parlava dell’arrivo futuro di “una machina scrivente, in cui sia stata immessa un’istruzione confacente al caso, (che) potrà elaborare sulla pagina una personalità di scrittore spiccata e inconfondibile, oppure potrà essere regolata in modo di evolvere o cambiare personalità a ogni opera che compone”. Erano gli anni Sessanta. Oggi a quella macchina abbiamo dato il nome di ChatGPT. Al di là di qualunque valutazione sulle effettive capacità dell’intelligenza artificiale generativa, rimane sospesa una domanda: come fece Italo Calvino, un romanziere - un premio Nobel mancato per la letteratura - ad anticipare una delle più straordinarie evoluzioni tecnologiche 60 anni prima della sua esplosione commerciale? E’ questo l’interrogativo dal quale parto con Andrea Prencipe, rettore della Luiss, in questo episodio di “Geni Invisibili”: come fece Calvino a sognare ChatGPT? Figlio di un agronomo e di una biologa, lo scrittore di Sanremo (come amava definirsi, pur essendo nato a Cuba) scherzò per tutta la vita sul suo essere la “pecora nera” della propria famiglia, un umanista. Eppure per tutta la vita subì la forza gravitazionale della scienza, su cui si manteneva costantemente aggiornato grazie agli abbonamenti alle riviste americane. Curiosità di cui c’è traccia esplicita anche nelle sue famose Lezioni americane in cui l’Università di Harvard gli aveva chiesto di “anticipare” il futuro. Il titolo, non a caso, era: Six memos for the next millenium. Ecco come immaginò quella macchina scrivente il nostro “contemporaneo del futuro”.